Come è ampiamente noto, nelle situazioni di emergenza, come per quelle inerenti i terremoti o le catastrofi naturali in genere, i governi possono nominare commissari con larghi potere e/o gruppi di tecnici, alias task force, per la gestione di particolari aspetti del frangente emergenziale. Ma il Premier Conte pare che stia andando un po’ oltre. Dopo aver nominato Domenico Arcuri commissario straordinario per le infrastrutture ospedaliere, infatti, ha nominato una vera e propria task force di esperti, guidata dal manager Vittorio Colao, in vista della “fase 2” dell’emergenza coronavirus.
Quella legata al coronavirus è sicuramente una crisi o un’emergenza, destinata a segnare per lungo tempo ogni aspetto della nostra società. Tutti i settori, da quello sociale e sanitario, a quello del lavoro e del divertimento, sono stati e continueranno ad essere toccati. Forte anche il suo impatto sul mondo politico. A tal proposito, appare interessante capire come mai la politica è scomparsa dalla scena e, magari “vedere” dove possono essere finiti i politici.
È utile, per capire le dinamiche di crescita e affermazione del populismo, interrogarsi primariamente sul perimetro del concetto che lo descrive, sul quale serve rilevare che tuttavia gli studiosi della materia ancora non sono giunti ad una visione del tutto unanime e del tutto condivisa. Qui ci si limita, ugualmente, a individuarlo come l’atteggiamento ideologico che vede il popolo come artefice e soggetto proponente e propulsore dell’azione politica.
Quello sulla formazione e l’istruzione è un dibattito iniziato ormai tempo fa, quando i pensatori si chiedevano a chi spettasse l’onere della formazione dei cittadini e quale fosse la sua funzione. Se dal ‘500 all’‘800 circa, l’istruzione era totalmente nelle mani dei privati, ovvero dei nobili e dei benestanti, nel corso del ‘900 le competenze vennero trasferite nelle mani statali.
Pare che si sia tenuto un summit fra i tre Grandi del Pianeta nei primi giorni di aprile, fa sapere la testata online medium.com. Donald Trump, Vladimir Putin e Xi Jinping avrebbero cercato di tracciare una linea comune per fronteggiare la crisi “dettata” dal coronavirus, con particolare riferimento all’economia e alla finanza. I tre avrebbero posto al vaglio l’ipotesi dell’istituzione di una Nuova Moneta Globale e da qui dare avvio ad una Nuova Era, insomma, più consona alle dinamiche del Pianeta sotto i profili sociali ed economici.
A pensare alla sinistra vengo in mente, probabilmente, le immagini delle lotte progressiste del Novecento. Nel nuovo Millennio, però, qualcosa è cambiato e forse più di qualcosa. Che cosa non è più lo stesso? È stata la sinistra ad arretrare sui suoi temi tradizionali, per occupare spazi diversi dal passato? Oppure i suoi avversari hanno guadagnato terreno nella società per una superiorità valoriale?
È ponendo attenzione al linguaggio, al tipo di lessico che si adotta è possibile scoprire i motivi profondi dell’azione o il reale obiettivo che si persegue. E ciò vale anche in politica. Anzi, soprattutto in politica, le parole rivelano la filosofia recondita e profonda, gli obiettivi di un personaggio o di un uomo politico ed ovviamente di una corrente di pensiero, di un partito, di un movimento. Ma c'è di più. Attraverso l'osservazione del linguaggio è possibile intercettare a quale fascia di elettorato o di cittadini ci si sta rivolgendo. Ora, rifacendoci all'ultimo anno di attività politica a Lecce si porranno alcune considerazioni in merito, e soprattutto rifacendoci alle dinamiche delle ultime elezioni.
In tutto questo, non v'è da obiettare che sia un argomento desueto, passato e stantio, da mantenere in una soffitta polverosa e deserta. E questo perché l'argomento aiuta a capire meglio le grandi differenze rispetto ad oggi, dando così al nostro pensiero e alle nostre riflessioni, una certa profondità, una certa consistenza, allontanandoci da un terreno scarno, esile, desertico.
È opinione diffusa che la partitocrazia sia oramai alle sue battute finali. Ma è proprio così? Stiamo vivendo, proprio in questi anni, un travagliato mutamento dell’organizzazione fondamentale della politica, dove il partito per oltre cento anni ha visto la migliore espressione?
Si è sempre parlato di welfare senza alcuna specifica e in una sola accezione, ovvero quella del welfare state. E non si sa se questo per malafede o ignoranza. Nessuno ha mai pronunziato, almeno in ambito giornalistico negli ultimi decenni, che vi è anche il welfare aziendale, privato, di cui emblematici furono i casi Olivetti e Snia. Ad ogni modo, le due forme sono complementari e i risultati non cambiano se a pensare al welfare sia lo Stato o le imprese. Ma a questo punto, occorre chiedersi: welfare statale o welfare aziendale?