La birra è ormai entrata nella cultura dei giovani, ma anche dei meno giovani, a Lecce, come in Italia e nel Mondo. La birra e i luoghi dove viene servita, in realtà, rappresentano anche altro, ben altro. Soprattutto questi ultimi sono luoghi di socialità, dove attorno ad un boccale si sviluppano pensieri e sentimenti, attorno al quale, ancora, si condividono idee e passioni, nascono amicizie e amori. La birra può ormai essere definita un fatto sociale, un vettore di sociabilità, un “treno”. Infatti, la scelta del luogo o del locale dove consumare un bicchiere di birra non è casuale, sono tante le variabili e quelle apparentemente determinanti appaiono, per dirne solo alcune, la struttura e la disposizione della birreria, l’ospitalità e l’approccio al cliente di chi spilla la birra, la possibilità di sedersi su questo o quello sgabello, di poterlo fare all’interno o nell’area esterna del locale. Ma in effetti, vi sono motivi e fattori più profondi, che inducono a frequentare una birreria, dove spesso la birra è la scusa, l'ottima scusa. Tra i tanti, sono da citare: l’empatia con il luogo e le persone, la possibilità di riconoscersi e di riconoscere, l’attaccamento affettivo, non ultima l’abitudine, e da qui un pezzo dell’identità di chi lo frequenta. E ciò solo per limitarci agli aspetti più evidenti. Ecco che, in tale prospettiva, uno dei locali di positiva sintesi delle tante variabili è, a Lecce, il Prophet Pub, di Via Maggiulli. Nella sua modernità e nella sua semplicità esprime tutti quegli ingredienti che vanno a costituire un'atmosfera, sì giovanile, ma anche calorosa, culturale, di fratellanza, compagnesca.
La Xylella continua ad “infastidire” l’agricoltura salentina, nonostante i progressi degli studi scientifici e l’abbattimento di ulivi di intere aree storicamente destinate a tale coltura, vanto per i coltivatori e immagine caratteristica e specifica del nostro territorio. Il consigliere regionale del M5S Cristian Casili, sulla questione Xylella chiede e propone che si deroghi al divieto di impiantare, in sostituzione degli ulivi eradicati, colture diverse e resistenti alla Xylella, così da far ripartire lavoro ed investimenti nelle campagne salentine. Nella nota diffusa nei giorni scorsi sottolinea e spiega le sue ragioni:
Non si capacita Antonio Mg Amato che le disposizioni del governatore pugliese siano tanto dementi da costringerlo a serrare bottega, così stringenti da fissare distanze siderali fra tavolo e tavolo, fra persona e persona, fra artista e artista. Come si fa a spegnere quell’alito di arte che avviluppa tutti, lui per primo? Senza distinzioni e specializzazioni. Qui l’arte tutta è premiata. Lo sanno gli avventori del lunedì, il famoso lunedì degli artisti. Giungono da ogni dove. Sì, ci sono i locali, tamburellisti innanzitutto, poi chitarristi, chitarra e voce, solo voce, solisti dal tono cupo e giovani fanciulle i cui acuti ti mandano in visibilio. Magari accanto hanno un disegnatore o un installatore di avveniristiche visioni o una pirografara o uno scultore di tronchi di noce e d’ulivo, le cui opere sono giunte in dono a Papa Francesco, un’ultima cena dove i personaggi, compreso Cristo, erano rappresentati nella loro modestia umana, nella concordia. Sentimento e pratica piuttosto rara di questi tempi, ma non qui alla Puteca de mieru, rigidamente in dialetto salentino, che pesca qua e là nella lingua e nella cultura dei vari popoli che hanno dominato questo lembo di terra messapica. Il grecanico da apotheke passato all’italiano bottega e il latinista mieru, schietto, contrapposto all’aggiunta di acqua come veniva praticato durante le mescite per assicurare felicità ai banchettanti. Come accade qui.
Il settore edile, già colpito duramente dalla crisi di dieci anni fa, continua a registrare situazioni magmatiche in ambito legislativo. A causa della poca chiarezza della disciplina legislativa ad esso attinente, tale settore risente, oggi ancor più rispetto al passato, della attuale congiuntura estremamente sfavorevole.
Gli ultimi dati ufficiali dell’Istituto Nazionale di Statistica, ISTAT appunto, evidenziano in Italia un calo della disoccupazione nel mese di marzo di circa l’1,2%. In termini assoluti i disoccupati diminuisco di ben 274.000 unità. Per alcuni, un dato questo esaltante, per altri, sintomo che vi è stato un profondo mutamento culturale, con riferimento al lavoro, da parte degli italiani a seguito dell’esperienza Covid. Eh sì, perché se analizzato questo dato, ovviamente in termini generali, esso dipende non dal fatto che sia aumentata la disoccupazione, ma perché molta gente ha “gettato la spugna”. Nel mese di marzo, sempre, poco meno di 500.000 italiani si sono ritirati dal mercato del lavoro. Tra questi sicuramente molti saranno coloro per il cui il lavoro è un valore e non una necessità. E forse, meglio così. Non è possibile sopportare ancora che molti giovani e belle menti siano a spasso, quando altrettanti sono i casi in cui lui è un libero professionista affermato e lei una statale o qualcosa di assimilabile, e che lavora per realizzarsi.
Tra un anno e mezzo, forse, si vedranno i primi segnali di ripresa di questa crisi, La Grande Crisi del 2020. Il blocco totale di quasi tutte le attività produttive per più di due mesi e mezzo, l’imposizione della “distanza sociale” ed uno Stato indebitato “sino al collo” nonché il forte e vistoso rallentamento del PIL, non potranno non incidere, da un lato sulle abitudini, gli stili di vita e da qui sulla struttura dei consumi della gente italiana, dall’altro sulla radicale riorganizzazione di tutto il sistema di produzione e scambio che fino al 2019 ha caratterizza il mondo del lavoro italiano. E tutto ciò senza voler mettere in campo variabili di tipo sociale, demografiche e - perché no? - anche etico-morali e politiche.
In questi giorni l’Italia sta chiudendo una lunga parentesi di fermo pressoché totale per cominciare a riattivare tutte le sue attività. Una sosta che costerà carissima all’intero sistema socio-economico. Da un lato, la struttura dei consumi sarà molto diversa rispetto al passato. E ciò, in parte perché il reddito a disposizione delle famiglie, soprattutto quelle con una propensione al consumo molto alta, riconducibili alle classi meno ambienti, sarà marcatamente minore; in parte perché gli stili di vita saranno diversi per ragioni governative e per nuove soluzioni che i singoli adotteranno. A tutto ciò si sommerà una disoccupazione la cui portata in termini numerici non è ancora prevedibile, ma sicuramente toccherà una fetta importante della popolazione, non solo al Sud, ma anche al Nord.
L’idea della Casa accogliente a Lecce, ai margini dell’urbanizzato, immersa nella campagna odorosa di prati in fiore e riarsa dopo la mietitura del biondo oro, che espone ai rischi del ri/morso della taranta, è molto suggestiva per molte ragioni. Innanzitutto per la sua collocazione geografica, nel Salento sitibondo e aspro, che ha trovato nel canto, nella danza sfrenata e nei ritmi musicali sincopati la sua più stravagante affermazione. Ogni cosa è illuminata e instabile qui. Poi perché la proposta arriva da Emanuela, un’artista leggera che usa il tratto della matita o l’onda dei colori per simulare storie, in genere d’amore, di desiderio, di cui sono piene le canzoni della pizzica. Emanuela è artista leggera e consapevole.
È dai primi di maggio che in molti attendono il varo del cosiddetto Decreto Rilancio, che il Governo Conte solo oggi è riuscito a varare. In ogni caso, la tensione ed il disorientamento continuano a crescere, amplificati anche dall’avvio della Fase 2 dell’emergenza, la quale sta mettendo a nudo le più disparate criticità. Un Decreto veramente importante? Al vaglio degli esperti del Governo vi sono state misure di spesa pari a 55 miliardi di Euro, che nelle intenzioni dell’establishment, fortemente influenzato dagli industriali, dovrebbero essere capaci di rilanciare l’economia italiana, dopo la grande sosta forzata dei mesi scorsi.
Critiche pentastellate giungono alla Regione Puglia anche per le questioni connesse all’ecotassa e all’aliquota applicata dallo stesso ente locale nei confronti dei Comuni. A parlarne, in una nota, il consigliere M5S alla Regione, Antonio Trevisi.
L’allentamento del blocco nazionale forzato, per poter contrastare la piaga coronavirus, ha scosso il Paese da un torpore che pareva essersi ormai radicato nella sfera sociale più profonda dei cittadini come mai è successo nella storia recente.
Circa 270.000 saranno gli esercizi che chiuderanno nel settore commerciale, stando a quanto riporta uno studio in ambito nazionale della Confcommercio. E, ciò dovuto, non solo al calo dei consumi per effetto della contrazione del reddito, ma in parte anche alla speciale normativa attinente all’emergenza sanitaria. In particolare, i dati emersi dall’analisi degli specialisti della Confcommercio prevedono una riduzione del reddito italiano del 10-15 per cento, pari ad una diminuzione del Pil, secondo proiezioni ottimistiche, tra i 200 e i 300 miliardi di Euro. Perdite dovute al prolungato blocco di gran parte del sistema economico nazionale e alle varie ingessature che le strutture produttive dovranno rispettare nei mesi a venire. Più nello specifico, in termini assoluti, al netto tra le varie categorie, le professioni caleranno di 49 mila attività, mentre nella ristorazione vi sarà un ridimensionamento del settore di circa 45.000 imprese.
Sconosciuto ai più, nelle ultime settimane si è posto sulla ribalta dei media il MES, quale strumento per salvare l’Italia e il suo Stato dalla difficile situazione economica nella quale sono piombati, a seguito “dell’incidente” COVID-19. Strumento che, secondo gran parte dell’opinione pubblica e dei partiti all’opposizione sarebbe pericoloso, un’arma a doppio taglio. Diversa invece la posizione di una ristretta cerchia di classi sociali e delle forze al governo. E tuttavia in molti non sanno esattamente di cosa si tratti, cosa sia effettivamente il MES e come operi e a cosa effettivamente serva.